Riatletizzazione: i protocolli che intervengono sulla Plasticità Cerebrale
Il funzionamento e la struttura del cervello possono modificarsi nel corso della vita in risposta all’ambiente, grazie alla capacità dei neuroni di rigenerarsi e di costituire nuove connessioni sinaptiche, qualità che ci permette di sopravvivere in ambienti altrettanto mutevoli, questa si chiama plasticità cerebrale. Ne deriva che, per lo stesso principio, il cervello può riprendersi da lesioni o alterazioni strutturali.
La fase sensibile della riatletizzazione consiste nello stimolare la plasticità cerebrale e l’esperienza motoria.
Ritrovare il gesto motorio
Quando stiliamo un protocollo di recupero funzionale da infortunio muscolare che ha creato lungo degenza dall’attività sportiva, una principale caratteristica che manca all’atleta che stiamo riatletizzando è quella del ritrovo del gesto motorio, quindi il “suo” saper fare e il gesto specifico finalizzato alla sua disciplina, quindi il “suo” saper scegliere.
Tutto questo perché il nostro atleta, a causa dell’infortunio, ha subito un disallenamento delle sue abilità, che, però, a livello di connessione cerebrale non ha perso, spetta quindi a noi lavorare su questo particolare e delicato concetto.
Le neuroscienze e la riatletizzazione
Lo studio delle neuroscienze, che nell’ambito della riatletizzazione ha già trovato ampio spazio e conferme PubMed
PubMed:
Open Access Maced J Med Sci . 15 maggio 2019; 7 (9): 1540-1547.
Ruolo della riabilitazione nella plasticità neurale
Andromeda Keci ,* Klejda Tani ,e Joana Xhema
, ci concede e trasmette, in questa sensibile fase del recupero muscolare, due pilastri su cui possiamo costruire altrettante basi fortificate: l’esperienza e la plasticità cerebrale, perché, ricordiamolo, l’uomo è architetto del proprio cervello.
Un Protocollo di riatletizzazione basato su apprendimento e memoria
L’apprendimento è quella capacità cerebrale basata sul funzionamento dei neuroni e delle reti che questi formano e consiste nella sintesi di diversi tipi di informazione che portano all’acquisizione o alla modifica di conoscenze, preferenze, comportamenti ed abilità. Attualmente la sfida maggiore in questo campo consiste nell’individuare i cambiamenti neuronali provocati dall’esperienza e dall’apprendimento e nell’intervenire su di essi.
La capacità di apprendere e l’autoregolazione dei funzionamenti cerebrali, a tutti i livelli di apprendimento, dal più semplice al più complesso, sono meccanismi che lasciano tracce in diverse regioni e sistemi cerebrali; riuscire a scoprire dove essi hanno luogo permetterà di intervenire ed agire sull’apprendimento e sulla memoria dando così la possibilità al tecnico, che adopera un protocollo di riatletizzazione nella fase sensibile, di adottare quegli input che garantiscono la giusta interazione continua tra organismo ed ambiente.
Il nostro cervello è pronto a scrivere un nuovo file
Il nostro atleta viene da un periodo di trattamento farmacologico, ha cambiato alimentazione e, soprattutto, il suo sistema cerebrale sta reagendo e ricostruendo a livello di plasticità e apprendimento motorio un nuovo file dopo l’infortunio.
La capacità del cervello di riorganizzarsi costituisce la sua reazione normale quando affronta percorsi riabilitativi di vario tipo su cui dobbiamo incentrare la nostra programmazione che dovrà essere basata su attività sportive stimolanti.
Premo sul fatto di stimolare il gesto specifico sia motorio che tecnico del vostro atleta infortunato, basandomi proprio su questo e su come i sistemi sensoriali agiscono e sono sensibili alle esperienze negative.
Protocollo di riatletizzazione nella fase sensibile
Portando il tema verso un pensiero più vicino alla pratica, quando ci troviamo a comporre un protocollo di riatletizzazione nella fase sensibile, ovvero quando si è completato il passaggio dalla parte chirurgica a quella fisioterapica (strumentale e non), sappiamo che il nostro atleta ha molteplici modalità di apprendimento e dobbiamo avere sempre ben presente che queste operano in combinazione più che separatamente.
Imparare a conosce o meglio a ripercorrere la conoscenza attraverso il gesto motorio specifico e complesso, riporta ad un apprendimento percettivo profondo.
I neuroni che identificano queste codificazioni ci permettono di attuare nel nostro atleta ripercorsi motori e vissuti situazionali e che si trovano principalmente nelle regioni inferiori del lobo temporale, ma anche in altre strutture , come l’amigdala Rodrigo Quian QuirogaIl neuroscienziato argentino Rodrigo Quian Quiroga, che ha scoperto questi neuroni, ha classificato e realizzato diversi esperimenti soprattutto su pazienti svegli che sarebbero stati operati per il controllo dell’epilessia. Grazie ai suoi esperimenti ha dimostrato che questi neuroni aumentavano la loro frequenza e frequenza di scarica davanti a stimoli molto specifici, come oggetti, persone e situazioni..
Apprendimento attraverso la riaquisizione dei vissuti motori
Gli apprendimenti più semplici consistono nella diminuzione di una risposta quando uno stimolo o una situazione si ripetono, processo che prende il nome di abituazione, o nell’aumento dell’intensità di una risposta quando si ripetono stimoli nocivi o molto intensi, fenomeno noto come sensibilizzazione.
Il primo sarà denominato come apprendimento negativo, perché si smetterà di imparare un qualcosa, la seconda si manifesta invece quando l’intensità di un riflesso davanti a uno stimolo innocuo o poco intenso aumenta dopo avere presentato varie volte uno stimolo potenzialmente dannoso o spiacevole Kandel Le scoperte attuate da Kandel ( premio Nobel per medicina nel 2000) consistevano non soltanto nei meccanismi molecolari di un apprendimento semplice, ma trovò anche la traccia, o anello mancante, che spiegava come un apprendimento a breve termine possa conservarsi a lungo termine..
I movimenti, che siano su un piano o multiplanari, coscienti o automatici, ampi o precisi, hanno luogo in genere in catene o sequenze. Questi movimenti si perfezionano nel corso del tempo, diventano automatici e si eseguono in modo incosciente, generando due fasi:
- la prima sviluppa un processo cosciente basato sulle connessioni tra le regioni motorie e sensoriali della corteccia cerebrale;
- la seconda fase è più faticosa in termini di tempo e quindi intervengono l’imitazione (far visionare il gesto tecnico o motorio), la pratica (far eseguire più volte il gesto), la correzione degli errori e feedback di ricezione dello stesso.
Mentre tutto questo accade, gli impulsi si dirigono anche nella corteccia cerebrale a strutture sottocorticali, talamo e cervelletto. É qui che hanno luogo i cambiamenti neuronali che portano a stabilire gli automatismi nel nostro paziente.
Conclusioni
Quando si dice che “non usiamo due volte lo stesso cervello”, si esprime una realtà scientificamente provata. Questo perché il cervello cambia continuamente dal periodo della gestazione fino alla morte, è plastico, e ciò gli permette di adattarsi ai cambiamenti e agli stimoli ambientali.
Ecco perché il mio consiglio nella fase sensibile della riatletizzazione, oltre ovviamente a modulare il carico e la densità dell’allenamento, va posto il focus attentivo sul vissuto motorio del nostro paziente, facendogli riacquisire tutti i suoi gesti specifici.
Letture Consigliate
Per approfondire l’argomento ti consigliamo il manuale scritto da Jonatan Proietto, preparatore atletico Uefa, “High Intensity 35 esercitazioni con palla per l’incremento delle capacità esoergoniche del calciatore“:
Jonatan Proietto: co-autore e revisore scientifico dell’articolo
Jonatan Proietto è un preparatore atletico Uefa con licenza n. 112837, specialista in riatletizzazione e valutazione dell’atleta , è il responsabile del Centro Performance Sport Lab di Chiavari (Ge).
Jonatan, nato a Crotone nel 1981 è autore di questo articolo che è stato revisionato dal team di specialisti che collaborano con Nicola Morra e con la redazione di YouSpecialist.