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Un conoscente del giovane Albert Einstein, premio Nobel per la fisica nonché sbadato cronico, disse: “Codesto giovanotto non combinerà mai grandi cose perché non riesce a ricordare nulla”.

L’oblio è il nome dato a un fenomeno in base al quale la traccia di determinate informazioni che si formano nella memoria si frammenta. Avviene un cattivo immagazzinamento, una cattiva conservazione e un cattivo recupero dei ricordi.

Ma il nostro cervello sembra proprio lavorare appositamente per questo. Attraverso una serie di meccanismi che servirebbero a guidare e ottimizzare i processi decisionali, permettendoci di valutare solo le informazioni preziose.

L’oblio e la memorizzazione sono due risvolti della stessa medaglia perché la nostra memoria è naturalmente l”limitata” e l’obiettivo ultimo della nostra memoria non è ricordare di per sé, ma ottimizzare i processi decisionali.

Le persone ritenute più intelligenti hanno in comune l’aspetto della memoria e  l’interazione tra i due meccanismi ci consente di fare scelte più intelligenti.


L’oblio fisiologico

L’oblio accidentale è quella dimenticanza che si verifica, indipendentemente dalla ridondanza, senza che si abbia l’intenzione di dimenticare. Schacter (2003) ha sostenuto che l’oblio accidentale è indispensabile per il corretto funzionamento della memoria. È una facoltà dell’essere umano che deve essere adattiva, flessibile e lavorare nel suo modo ottimale. Poiché la memoria non è illimitata, se non ci fossero delle dimenticanze, troveremmo degli ostacoli in quello che possiamo memorizzare.

Alla luce di ciò, è positivo dimenticare alcune informazioni che in un determinato momento non sono utili, ad esempio:

  • Ad esempio, sebbene sia importante ricordare la targa della prima macchina che abbiamo guidato, in realtà, questa informazione può essere dimenticata perché non è più utile e potrebbe interferire con le informazioni più recenti.
  • l’ex pugile che si mette istintivamente in posizione da difesa al solo sentire di un “gong”. Un riflesso condizionato che sarebbe necessario dimenticare, se ciò non avviene il nostro cervello è poco  “efficiente”.


L’oblio patologico

Nello studio del fenomeno chiamato “oblio” sono stati identificati due tipi clinicamente rilevanti per il trattamento dei disturbi psicologici in cui la memoria gioca un ruolo essenziale. Ciò si verifica, ad esempio, nel disturbo da stress post-traumatico.

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Le circostanza che portano all’oblio sono spesso riconducibili a patologie neurodegenerative ed ad assunzioni di farmaci e droghe.

Poi ci sono altre circostanze che ci portano a “dimenticare”, o quanto meno ad avviare un processo di frammentazione del ricordo di cose che invece per noi sono importanti, come ad esempio:

  • l’atleta che subisce un grave infortunio e deve essere sottoposto ad un intervento chirurgico seguito da un percorso riabilitativo.In questo caso sarà poi necessario un percorso di riatletizzazione con il preparatore atletico, che prevede, in ambiente protetto, continui stimoli della plasticità cerebrale e dell’esperienza motoria simulando variabili di gioco con l’obiettivo di stimolare un ritorno ad automatismi e reazioni pre infortunio.

L’oblio indotto 

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Si verifica quando una persona esegue dei processi mentali o ha dei comportamenti il cui obiettivo è ridurre l’accesso a un ricordo. Questo può accadere quando si verifica una situazione traumatica che si vuole dimenticare e si cerca di evitare tutto quello che possa permettere l’accesso a quel ricordo. Siccome non si vuole ricordare, quella traccia di informazione nella memoria può diventare sempre più debole.

Conclusioni

L’indebolimento o l’eliminazione delle sinapsi, le connessioni tra neuroni, in cui sono conservati i ricordi è un processo che avviene quando smettiamo di fare le cose o quando non le reputiamo degne di nota, consciamente o inconsciamente.

Così come, esattamente all’opposto, avviene la neurogenesi, ovvero la creazione di nuove connessioni neurali e nuove sinapsi. Cioè quando facciamo o siamo interessati a nuove cose.

Oblio e neurogenesi sono meccanismi cerebrali studiati dalle neuroscienze al fine di comprendere le performance, i comportamenti e la memoria della mente umana.